Unioni civili e coppie transgender

Unioni civili e coppie transgender

Gli effetti della riassegnazione di genere sulla vita di coppia

Quando una persona transgender decide di intraprendere il percorso di riassegnazione di genere, questo coinvolge non soltanto la sfera individuale, ma anche la vita di coppia, in particolare nel caso di unioni civili e coppie transgender, oppure quando il soggetto è sposato o unito civilmente.

In Italia, la normativa ha subito un’evoluzione significativa negli ultimi anni, soprattutto grazie all’intervento della giurisprudenza e alla creazione delle unioni civili.

Questo articolo ha l’obiettivo di analizzare gli effetti della riassegnazione di genere sulla vita di coppia delle persone transgender, con particolare attenzione alle unioni civili e coppie transgender.

Il “divorzio imposto”: una prassi del passato

La normativa originaria: art. 4 della Legge 164/1982

In origine, l‘art. 4, Legge 14 aprile 1982, n. 164, stabiliva che, se una persona sposata cambiava legalmente genere, il matrimonio si scioglieva automaticamente. In pratica, il divorzio era obbligatorio, indipendentemente dalla volontà dei due coniugi di rimanere insieme.

Questa regola si basava sull’idea che, per essere considerato valido, un matrimonio dovesse necessariamente essere tra una persona di sesso maschile e una di sesso femminile, come previsto dall’articolo 143 del Codice Civile. Quindi, se uno dei due cambiava sesso, la coppia diventava formata da due persone dello stesso genere, e il matrimonio perdeva automaticamente validità.

In una decisione del 2011, la Corte d’Appello di Bologna ha stabilito che l’ufficiale dello stato civile era tenuto a registrare la fine del matrimonio non appena la sentenza di rettifica del sesso fosse diventata definitiva, anche se i giudici non avevano detto nulla al riguardo e anche se i coniugi volevano restare uniti.

La svolta giurisprudenziale: diritti e tutela della coppia transgender

La sentenza della Corte Costituzionale n. 170/2014 sulle unioni civili e coppie transgender

La Corte Costituzionale è intervenuta con sentenza n. 170 dell’11/18.6.2014, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 Legge 164/1982 , nella parte in cui non permetteva ai coniugi di mantenere una forma giuridicamente tutelata di relazione dopo il cambio di genere.

La Corte ha riconosciuto che:

  • il diritto all’identità di genere e all’autodeterminazione è inviolabile.
  • lo scioglimento automatico del matrimonio violava il diritto alla continuità della vita di coppia.
  • era necessario creare una forma alternativa e diversa dal matrimonio per tutelare i diritti e gli obblighi delle coppie che desideravano rimanere unite anche dopo la modifica dei caratteri sessuali di uno di essi.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 8097/2015

Nel 2015, anche la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito. Con la sentenza n. 8097, ha ordinato la cancellazione dell’annotazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio delle parti, ribadendo la necessità di mantenere diritti e doveri acquisiti prima del cambio di genere.

Ha inoltre sollecitato un intervento da parte del legislatore a introdurre una forma di convivenza registrata, alternativa al matrimonio e idonea a tutelare i diritti e gli obblighi di coloro che validamente hanno contratto il vincolo matrimoniale, conservare i diritti e i doveri acquisiti dai coniugi prima del passaggio in giudicato della sentenza di riassegnazione di genere.

Unioni civili e transizione di genere: cosa dice la legge

Legge 76/2016 art. 1, comma 27e la tutela delle coppie transgender

Nel 2016, con la Legge n. 76 del 20 Maggio 2016, Legge Cirinnà il legislatore ha accolto e istituito le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Questa legge ha rappresentato un punto di svolta per le coppie transgender.

L’art. 1, comma 27, della legge prevede che:

  • in caso di rettifica del sesso da parte di uno dei coniugi, se entrambi dichiarano di voler rimanere insieme, il matrimonio si trasforma automaticamente in unione civile.

se invece non esprimono la volontà di mantenere in essere il rapporto di coppia, si applica lo scioglimento del vincolo matrimoniale e lo status di coniugi divorziati, come tacita accettazione dell’automatica cessazione degli effetti civili del matrimonio ai sensi della Legge 164/1982. Sul punto si è espressa anche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo affermando che l’impossibilità per un transessuale di sposare una persona del sesso al quale apparteneva prima dell’operazione chirurgica costituisce una violazione del suo diritto di contrarre matrimonio ex art. 12 della Convenzione.      

Richiamando la Legge Cirinnà, ha posto fine al cosiddetto divorzio imposto, dando ai partner la possibilità di scegliere se continuare o meno la relazione sotto una nuova forma giuridica.

 Scioglimento automatico dell’unione civile: un nuovo nodo giuridico

Nonostante l’importante passo avanti, l’introduzione dell’istituto delle unioni civili nel nostro ordinamento non ha risolto tutte le problematiche inerenti le conseguenze sulla vita di coppia in cui uno dei membri decide di sottoporsi all’iter di mutamento di sesso. L’art. 1, comma 26 della Legge 67/2016, stabilisce che se una persona unita civilmente cambia genere in modo legale (cioè con una sentenza), l’unione civile si scioglie automaticamente.
Non c’è bisogno di chiedere un divorzio o un consenso: la legge dice che l’unione finisce da sola. Questo crea una disparità di trattamento:

il matrimonio può trasformarsi in unione civile ma un’unione civile non può trasformarsi in un’altra forma di legame, e viene sciolta senza tenere conto della volontà dei due partner.

In questo modo, il partner transgender unito civilmente si trova nuovamente in una situazione di vulnerabilità, con la perdita automatica dei diritti e delle tutele acquisiti, senza alcuna possibilità di scelta o continuità giuridica della relazione.

Gli aspetti operativi: cosa prevede il D. Lgs. 5/2017

Chiarimenti sulle modalità pratiche di transizione dal matrimonio all’unione civile, sono stati offerti dal legislatore con l’emanazione del D. Lgs 19 gennaio 2017, n. 5, che ha introdotto il comma 2 bis all’art. 31 del D. Lgs. 150/2011.

Il decreto prevede che:

  • durante il procedimento di rettifica di sesso, entrambe le parti possono presentarsi in udienza e dichiarare di voler costituire un’unione civile.
  • in tale sede possono decidere il regime patrimoniale (comunione o separazione dei beni) e il cognome da adottare nella nuova formazione sociale giuridicamente riconosciuta.

Il tribunale, con la sentenza che accoglie la domanda di riassegnazione di genere, ordina all’ufficiale dello stato civile:

  • di registrare l’unione civile presso il comune dove il matrimonio è stato celebrato;
  • di annotare le eventuali dichiarazioni e di modificare il regime patrimoniale adottato in matrimonio.

In mancanza di dichiarazioni, si applica automaticamente il regime di comunione dei beni, come previsto dall’art. 1, comma 13 della Legge 76/2016.

Cosa cambia oggi per le coppie transgender

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di unioni civili e coppie transgender ha segnato una svolta significativa nella tutela dei diritti delle persone transgender e dei loro partner. Tuttavia, permangono differenze importanti tra chi è sposato e chi è unito civilmente:

  • un transessuale sposato può riaffermare il proprio genere e scegliere se divorziare dall’altro coniuge o trasformare il matrimonio in unione civile;
  • se si vuole divorziare, non serve fare particolari richieste nel processo di riassegnazione di genere, ma è sempre bene farsi assistere da un avvocato specializzato; 
  • se non si vuole divorziare e si sceglie di instaurare una unione civile, invece, è necessario dichiarare espressamente (insieme all’altro coniuge) che non si vuole sciogliere il matrimonio e di mantenere la relazione tramite unione civile.
  • Gli uniti civilmente, invece, non hanno questa possibilità e vedono sciolto il loro legame senza possibilità di riconversione.

Inoltre, la mancanza di un quadro giuridico uniforme e realmente inclusivo lascia ancora spazio a discriminazioni e incertezze giuridiche. È necessario un ulteriore intervento legislativo per garantire il pieno diritto all’identità e alla continuità affettiva e riconoscere pari dignità a tutte le forme di relazione, indipendentemente dal genere dei partner e dal percorso individuale di ciascuno.

Conclusione sulle unioni civili e coppie transgender

Il tema delle unioni civili e coppie transgender non è solo una questione legale, ma riguarda la dignità delle persone e il riconoscimento delle loro scelte affettive e identitarie. L’introduzione delle unioni civili ha rappresentato un progresso importante, ma non definitivo. Serve una normativa capace di garantire continuità giuridica, protezione dei diritti e parità di trattamento a tutte le coppie, anche quando la loro storia si intreccia con un percorso di transizione di genere.

Stai affrontando un percorso di transizione e sei sposato/a?

Se hai bisogno di informazioni su come trasformare il tuo matrimonio in un’unione civile, contattami per una consulenza riservata e senza impegno.